Alba a Pizzo d’Intermesoli: “una scala verso il cielo”

“Negli sforzi faticosi per conquistare le vette dove l’aria è più leggera e pura, l’arrampicatore acquista nuova forza d’arto, mentre nello sforzo di superare gli innumerevoli ostacoli del cammino, l’anima si allena a vincere le difficoltà del Dovere; e il superbo spettacolo dei vasti orizzonti, che dalla cresta delle montagne si offre da ogni parte ai nostri occhi, eleva senza fatica i nostri animi al divino Autore e Sovrano della Natura”. (Pio XI il Papa Alpinista)

Come già ampiamente riportato sul libro: “Gli ultimi ‘misteri’ del Gran Sasso”, dopo il devastante terremoto che aveva sconvolto la città dell’Aquila, tra le macerie dell’edificio crollato di proprietà della Ditta Pacini, un gruppo di soccorritori scoprì una piccola statuetta bronzea, scolpita con raffinata maestria e raffigurante una Madonnina.  Nonostante la distruzione circostante, l’oggetto era rimasto miracolosamente intatto. Colpiti dal significato simbolico di quel ritrovamento, alcuni Amici montanari in collaborazione con il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, decisero di dare alla statuetta un nuovo destino: fu trasportata fino alla vetta di Pizzo d’Intermesoli, dove venne installata come segno di rinascita e di speranza. Successivamente benedetta da un alto prelato del Vaticano, Mons Melchor de Toca. Ora svetta contro il cielo, come una silenziosa custode del passato e un simbolo di resilienza umana.

Dopo qualche tempo, da quella bellissima cerimonia,  cominciai a pensare di vedere un alba su quella montagna, oramai diventata sacra, ma, data l’età anagrafica non più dalla mia parte, cercavo qualcuno che  condividesse con me questa magica esperienza.  L’avvicinamento notturno a una grande montagna è un’esperienza che unisce meraviglia e rispetto, quasi un pellegrinaggio verso qualcosa di più grande di noi. Richiedono una preparazione accurata e consapevolezza dei rischi maggiori rispetto a una salita diurna. Dal 2018, anno del viaggio in Tibet, condividevo qualche mia uscita esplorativa con l’Amico Andrea, il quale da qualche anno osservava una preparazione fisica costante  e rigorosa, seppur su montagne minori, come ad esempio San Giuliano, Fossa, Ocre ecc.,  ma nello stesso tempo sono itinerari allenanti sotto ogni aspetto. Così,  individuata la data,  si parte sciegliendo la docile discepolanza di Mummery.

La notte avvolge ogni cosa in un silenzio profondo e immobile. Solo il rumore regolare dei passi rompe l’oscurità, scandendo il tempo di un cammino lento e costante. Le luci delle città ormai lontane sono solo bagliori tremolanti all’orizzonte, come ricordi sbiaditi di un mondo lasciato alle spalle. Davanti, la montagna si erge nera contro un cielo trapunto di stelle. La sua sagoma massiccia e imponente si staglia nel buio, silenziosa e misteriosa.

La bassa valle dell’Aterno con il Capoluogo
Piccoli nevai presenti sull’itinerario

Ogni tanto, una brezza fredda scende dai pendii superiori, portando con sé il profumo pungente della roccia e della neve ancora rimasta nei canali più profondi. La lampada frontale illumina un piccolo cerchio di sentiero, mentre tutto il resto rimane avvolto nell’ignoto. Ad un tratto i “rumori”  delle rocce sembrano amplificarsi: in lontananza appaiono  dei “bottoni” fosforescenti, non sono altro che gli occhi dei camosci abbarbicati su spuntoni rocciosi per il giusto riposo. Il canto solitario, forse,  di un gufo, il rumore distante di un masso che rotola. Camminare nella notte verso la montagna è un dialogo silenzioso con se stessi, un’avventura che sfida la paura e invita all’umiltà. Ogni passo è un avvicinamento non solo alla vetta, ma anche a un senso più profondo di sé e del mondo. Avanziamo  nel silenzio, con la montagna che ci osservava da lontano. Ad un tratto una luce che proviene dalla Conca degli Invalidi del Corno Grande,  rapisce il nostro sguardo. Dopo una piccola riflessione sosteniamo la tesi che si tratta di un piccolo campeggio in alta quota (ca. 2700 slm), magari propedeutico per l’alba sulla Vetta Occidentale. Ogni passo spezzava l’immobilità della notte, eppure era come camminare nel respiro stesso della terra.  Il  violento e propizio temporale del giorno prima che ha consolidato le brecce sul sentiero è stato una grande risorsa, inaspettata.  Saliamo guardando spesso il cielo  stellato,  la vista delle cime che piano piano si mostrano sempre più luminose ai  nostri occhi. Lo zigo zago sullo spettrale ghiaione della Sud d’Intermesoli ci dice che siamo piuttosto in anticipo. La fatica che stiamo facendo svanisce pian piano, ultimato il ghiaione siamo alle rocce gradinate, ancora un centinaio di metri e via verso il sogno. La Vetta Meridionale di Pizzo d’Intermesoli è nostra.

Le rocce gradinate

L’aurora: siamo al confine, intorno si schiude un orizzonte ciclico, totale, un mare composto da tante successive, ora di cielo, ora di roccia, che per la diversa distanza assumono una gradazione di colore fino a perdersi, sfumando e dando il senso dell’illimitato dove emergono immateriali, come delle apparizioni, le forme lontanissime, e ancora altra vetta. E’ l’ora delle altezze solari, della grande solitudine. Dopo queste lunghe ore in cui una volontà tenace si è imposta alla fatica, alla scura paura del corpo, non solo svanisce, come l’eco di un sogno vano, il ricordo di ogni cura e opera delle pianure, ma si realizza anche un mutato senso di se stessi.  L’impossibilità a percepirsi ancora come quella cosa rigida, chiusa ed effimera, che in fondo per i più:  è l’io.  Questa però non è l’esperienza di un mistico naufragio, o di un abbandono sentimentale, qui dove non vi è che cielo e nuvole, l’animo partecipa piuttosto ad una analoga purezza e libertà, e per tanti che faticano a capire quale sia lo spirito, esso percepisce ciò che nel mondo dell’anima ha il valore dell’immensità. Proprio appunto su queste altezze, simboli siamo, significati profondi si palesano, sulle vette desiderate.

L’aurora: le sagome di Corno Piccolo e Corno Grande con il pianeta Venere
L’aurora

L’alba con il sole che sorge dal mare Adriatico

L’alba: all’improvviso il sole appariva in tutto il suo splendore illuminando il mondo e la vetta d’Intermesoli, si fondeva,  prima con l’Adriatico per quasi la sua intera lunghezza per poi lambire la costa Dalmata, che, nonostante tutto, rimaneva scura e quasi tetra. Improvvisamente la grandiosità del creato sembrava  essere tutta sotto gli occhi.  Man mano che il sole s’innalzava verso il cielo il mondo riacquistava la sua reale dimensione, ogni cosa tornava al suo posto, il sogno svaniva come la costa Dalmata nascosta dalla caligine, ma viva rimaneva l’immagine che ci aveva colpiti.   Piccolo, insignificante essere umano ,  salito idealmente sulla vetta più alta dell’universo, aveva visto il “Paradiso”.  Il sole tornava  a splendere, il mondo tornava alla normalità, il terrestre con nostalgia e rimpianto tornava a raccontarlo ai suoi simili.    

L’alba
Nevai di vetta
Una finestra sul lago di Campotosto ancora in ombra
La “famosa” Sella dei Grilli
Una scala verso il cielo: Pizzo d’Intermesoli 2635slm
I nevai di Campo Pericoli.

Km 13,00 dislivello pos 1053 neg 1053 h 4,50’  

3 comments to “Alba a Pizzo d’Intermesoli: “una scala verso il cielo””
  1. Sapevo di Te come atleta, camminatore, montanaro di basse, medie e alte vette, arrampicatore, scalatore, soccorritore e vorrai scusarmi se mi sfugge qualche altra dote, ma una cosa proprio non lo sapevo ne l’immaginavo che potessi essere anche uno che mediante le parole scritte facesse vivere a persone cone una piccola esperienza, continua così e se possibile rendimi partecipe.

  2. Una bellissima descrizione dell’ambiente esterno ma anche delle asperità interiori di chi si confronta seriamente con la montagna. Bravissimo Paolo e congratulazione a chi ha avuto il privilegio di esserti compagno.
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