Dice il proverbio: “Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia”. E infatti il 13 dicembre, data appunto consacrata alla martire cristiana, il sole tramonta prima rispetto a qualsiasi altro giorno dell’anno.
Fermi tutti: ma il solstizio d’inverno cade il 21 dicembre, quindi a rigor di logica (e di solidi calcoli astronomici) dovrebbe essere allora il dì più breve dell’anno. E infatti così è. Allora come si spiega questo palese paradosso e chi ha ragione: la tradizione popolare o la matematica?
In realtà entrambi. L’apparente dualismo è infatti presto risolto: si deve all’effetto combinato della rivoluzione della Terra intorno al Sole (che non compie un’orbita perfettamente circolare ma leggermente eclittica) e dell’inclinazione del suo asse di rotazione (che è spostato di 2). Così la Terra, quando è prossima al perielio, il punto di massimo avvicinamento al Sole che capita il 4 gennaio, gira più rapidamente intorno alla nostra stella, però la velocità di rotazione su se stessa rimane invariata e i poli si trovano inclinati di 23 gradi rispetto alla perpendicolare all’orbita. Saltando noiose considerazioni matematiche, ci limitiamo a dire che il risultato prodotto da queste circostanze si traduce in un “anticipo” della posizione del sole nel cielo che si accumula durante l’anno, raggiungendo un massimo di sedici minuti e mezzo il primo novembre e che poi torna a diminuire. Ma a Santa Lucia tale effetto è ancora presente e perciò il sole tramonta tre minuti prima rispetto al 21 dicembre. Ecco perché si ha la sensazione tangibile che il 13 sia il giorno più corto dell’anno. Però nel solstizio d’inverno, anche se il tramonto avviene più tardi e quindi “viene buio dopo”, le ore di luce sono minori, perché anche l’alba è ritardata, molto di più rispetto a quella del 13. Ed è quindi il 21, a tutti gli effetti, il vero giorno più breve dell’anno. Dunque nella prima quindicina di dicembre il sole scompare dall’orizzonte più presto nel corso della giornata, ma a partire dalla metà del mese sorge sempre più tardi, fino al 4 gennaio, quando la Terra si trova al perielio.
In astronomia, per evitare confusione, si usa il giorno siderale come unità di misura temporale, cioè il tempo che la terra impiega a compiere una rotazione rispetto alle stelle fisse del cielo, perché tale periodo è costante mentre il giorno solare dura sette secondi di più al perielio e otto in meno quando la Terra è all’estremo più lontano dal Sole (3 gradi circa rispetto al piano orbitale).

Abbazia di S. Lucia di Gabriella Montecamozzo
Legata in tempi passati alla transumanza ed ai tratturi percorsi da greggi e pastori, l’area geografica in cui si incontra, bianca ed essenziale, l’abbazia di S. Lucia, è quasi interamente compresa nel Parco Regionale dei Monti Velino-Sirente, divisi tra loro dall’Altopiano delle Rocche e attraversata dal fiume Aterno.
S. Lucia di architettura gotica-romanica, unica struttura rimasta dell’originaria abbazia, sorge ai piedi del centro urbano di Rocca di Cambio che, con i suoi 1434 mt. slm è tra i comuni più alti dell’Appennino e domina la straordinaria prospettiva dell’ altopiano che si estende nella provincia aquilana per circa 60 Km ad una altitudine tra 1200 e 1400 mt.
Il monte Cagno fa da sfondo alla straordinaria ambientazione abbaziale.
La data di fondazione di S. Lucia è posta dagli studiosi tra la fine del XIII° secolo e l’inizio del XIV° e in prossimità del sagrato, da scavi effettuati tempo fa, i ricercatori hanno rinvenuto quelli che si presumono essere i resti dell’antico complesso monastico di cui S. Lucia è considerata la chiesa abbaziale.
L’originario paramento esterno in conci di calcare, una particolarità del romanico in Abruzzo che geologicamente abbonda di tale materiale da costruzione, a seguito del terremoto del 1915 venne intonacato per riparare i danni delle pareti esterne, dando in tal modo alla chiesa un aspetto piuttosto uniforme.
La facciata a due salienti è interrotta da un semplice portale e da un piccolo rosone duecentesco sovrastato da un corto campanile a vela di epoca posteriore.
La semplicità esterna dà risalto all’interno della chiesa che si svolge lungo tre navate di uguale larghezza e termina con uno spazioso presbiterio senza absidi.
Dalla navata centrale si accede alla piccola cripta che costituisce il nucleo più antico della costruzione. In essa si possono ammirare alcuni affreschi che secondo gli studiosi appartengono alla mano del pittore Andrea Delitio, lo stesso autore del magnifico ciclo pittorico del Duomo di Atri.
Le pareti del presbiterio di S. Lucia si impreziosiscono di affreschi tre-quattrocenteschi che raccontano la vita ed il martirio della santa, altre teorie di santi e di personaggi ecclesiastici scorrono sulle pareti e tra questi si può riconoscere papa Celestino V con il volto graffiato da antiche unghiate dei devoti che disprezzavano la sua abdicazione.
La parete nord del transetto, divisa in più registri pittorici, espone in primo piano e per tutta la lunghezza della parete, una fantastica Ultima Cena dove il Cristo, al quale si rivolgono tutti gli Apostoli, è seduto in fondo a sinistra della mensa imbandita con cibi e posate ben evidenti.
I frescanti, di cui non si conosce il nome, riproposero in S.Lucia lo stesso motivo iconico che troviamo in S.Maria ad Cryptas a Fossa e a Bominaco nell’oratorio di S. Pellegrino (la Cappella Sistina d’Abruzzo).
Particolare però nell’Ultima Cena di S. Lucia è l’assenza di Giuda e di Taddeo sostituiti da Barnaba e Paolo come ci indicano i loro nomi inscritti ai margini delle figure.
A seguito dei restauri occorsi dopo il tragico terremoto del 2009, è emerso quello che sembrerebbe il contorno di una figura vestita di rosso di fronte al Cristo, che invece tiene le mani su Giovanni. La figura è esterna al consesso dei santi e presenta un’indefinibile ombra al posto del volto.
Gli studiosi ipotizzano possa trattarsi dell’immagine di Giuda, ripudiato per il suo tradimento dalla popolazione e dalla Chiesa.
L’abbazia di S. Lucia è Monumento Nazionale dal 1902.

