Dal mare al Corno Monte

Con questa piccola impresa si è voluto dimostrare che, con volontà e impegno, partendo dalla riva del mare è stato possibile raggiungere  il tetto degli Appennini  in maniera sostenibile, senza inquinare e senza impatti ambientali.  Noi siamo arrivati alla cima del Corno Monte, ma tutte le destinazioni sono raggiungibili con un occhio di riguardo all’ambiente. Con due fortissimi ragazzi, Giampiero e Mauro siamo saliti sulla Vetta Occidentale, ovviamente attraverso il “sentiero estivo” , dopo aver raggiunto l’abitato di Casale San Nicola in bicicletta, partendo dalla spiaggia di Roseto degli Abruzzi. L’amicizia tra Mauro è Giampiero  risale sin dall’infanzia,  mentre con me,  più “anziano” di loro,  è nata proprio sui sentieri di montagna con le scarpette ai piedi, laddove abbiamo conosciuto e condiviso le prime “rasoiate”, o meglio ancora i famosi “tre passi” sul tratto più ripido della salita, che avrebbero immediatamente scatenato la “bagarre”.  Il nostro “viaggio” ha voluto rappresentare un invito a rispettare l’ambiente, soprattutto quando si portano avanti le proprie passioni.  Infatti è stato come aver fatto un tuffo all’indietro nel tempo, quando gli alpinisti, prima della diffusione della motorizzazione di massa, spesso raggiungevano sui pedali la base delle montagne che volevano scalare.  Gli esempi storici si rifanno a nomi  leggendari, come Hermann Buhl, Kurt Diemberger, i fratelli Schmid, ecc.  L’idea di questo “viaggio” nasceva durante una gita al mare in bicicletta, proprio mentre si superava il Passo delle Capannelle  con lo sguardo rivolto a monte San Franco, che costituisce la propaggine occidentale della Catena del Gran Sasso.  A questo progetto seguirono rigorosi allenamenti, prevalentemente di resistenza sulle lunghe distanze.  Partiti il 1 luglio 2007 dalla riviera di Roseto degli Abruzzi al sorgere del sole,  abbiamo pedalato per 54 chilometri  per arrivare  alla salita finale che conduce all’abitato di Casale San Nicola,  posto a 859 slm., dove si ferma la carrozzabile. Caricate le bici sul furgone,  che ci ha fatto da staffetta ed assistenza, ci siamo preparati per affrontare gli oltre 2100 di dislivello positivo che ci separavano dalla vetta.

L’alba a Roseto degli Abruzzi .

Dal centro del paese si passa davanti ad una croce, dedicata alle missioni dei Padri Passionisti, e successivamente alle ultime case dell’abitato abbiamo proseguito per una mulattiera dove una edicola/fonte, con una maiolica di Castelli, recante la scritta “Fra Nicola”, posta a q 1050.  Qui abbiamo fatto il primo rifornimento di acqua.  Si prosegue sul fianco destro di un fosso, lasciando a sinistra la diramazione che porta alle opere dell’acquedotto con un ponte metallico. Scavalcato il fosso, si attraversa il sentiero dei Quattro Vadi che entra nel bosco, si prosegue invece sulla carrareccia che fiancheggia un rudere, con un tornante si giunge alla chiesetta, un po’ malmessa, di San Nicola 1120m. A questo punto il sentiero si restringe, mentre si inerpica in mezzo ad una radura,  dalla quale si riconquista il bosco.  Una volta entrati nel vetusto bosco, le tracce volgono a sinistra passando accanto a un ciclopico faggio, poi zigzagando salgono sul fianco destro del colle per raggiungere un grosso masso dove sono stati disegnati due evidenti segni CAI (giallo-rosso).  Si prosegue su una specie di crestina, sempre dentro al bosco, che improvvisamente si apre facendoci godere la vista sull’Arapietra, mentre a sinistra ammiriamo l’accattivante immagine sul Paretone. Si continua su un sentiero quasi pianeggiante, fino all’uscita dal bosco, e attraverso una “comoda” salita si raggiunge un manufatto, denominato: Rifugio Orazio Delfico, primo esploratore del Gran Sasso Teramano (1794), posto a q 1665. Nell’adiacente costruzione uno strategico fontanile ci consente di effettuare un robusto rifornimento, prima di affrontare l’erta salita che conduce alla Madonnina. Infatti il bosco sparisce, proseguendo  dritti su una specie di crestina erbosa, oramai i segni sono solo su massi affioranti, finché  questa non perde definizione.  A q 1900 si volge a sinistra, oltrepassata una staccionata, si prosegue su tracce di sentiero dove si incontrano dei salti, superati i quali, si continua a salire verso destra e a zig zag si va a sbucare proprio dove, dalla ex seggiovia,  parte il sentiero per il Rifugio Franchetti. Il doveroso saluto alla statua della Madonnina ci rincuora, insieme alla “cinematografica”  cresta aerea nord-nord-est, come venne definita dal conte Bonacossa, del Corno Piccolo. Tutto l’anfiteatro si chiude con  la Vetta Orientale, mentre  lo sguardo si perde sulla dentellata Catena Orientale del Gran Sasso, dove corre il famigerato Sentiero Alpinistico del “Centenario”.   A questo punto una bella giostra ci stava aspettando! Già la vista sul Rifugio Carlo Franchetti ci faceva dimenticare tutta la fatica accumulata in precedenza, mentre il sole, oramai alto, incendiava le rocce dolomitiche come fossero fiamme.  Dopo un piccolo ristoro si riparte da q 2005 per conquistare il Passo delle Scalette (2100m), attraverso una breve discesa si entra nel Vallone delle Cornacchie dove c’è l’omonima grotta dalla quale scaturisce il toponimo (un selvaggio antro il cui interno, più alto che ampio, è il rifugio notturno  delle cornacchie. Il suolo della grotta è interamente ricoperto di sterco degli stessi uccelli, che, all’occorrenza, può servire da materasso per gli eventuali pernottamenti. Nei pressi  pernottò il conte Paolo Di Saint-Robert nella sua notevolissima ascesa al Monte Corno, realizzata nel 1871). Una volta dentro il Vallone, si costeggia per un tratto la parete est del Corno Piccolo, da cui piano piano ci si stacca per attraversare  una selva di grossi massi, due dei quali formano un arco  proprio lungo il sentiero, meta di fotografie  con “baci e abbracci”. Il sentiero prosegue verso uno sperone  che divide in due il Vallone  delle Cornacchie, un breve tratto sommariamente attrezzato e leggermente esposto, porta sul filo del contrafforte, fino a conquistare un pianoro erboso (a sx una stele ricorda il Tenente degli Alpini Silvio Scatozza, perito con gli sci l’8 maggio 1966). Siamo in prossimità del Rifugio Franchetti che sorge sopra un salto roccioso, a q 2433, lo si aggira compiendo un largo giro sulla destra, attraversando una foresta di massi con a fianco un piccolo nevaio, una volta perenne, e salendo infine un comodo pendio ghiaioso.

Il Rifugio Franchetti 2433slm

Il manufatto fu edificato nel 1959, con la stessa pietra che si trovava in loco, a opera della Sezione CAI di Roma, dedicato al barone Carlo Franchetti, alpinista e speleologo, inaugurato il 2 ottobre 1960. Una piccola sosta ristoratrice al Rifugio ci consente di  recuperare, prima di affrontare  gli ultimi 500 metri di dislivello che ci separano dalla vetta. Dal Franchetti per un ben marcato sentiero su roccette sporgenti, si conquista la Sella dei Due Corni che divide il Corno Grande, a sx, dal Corno Piccolo, a dx. Si continua a salire su sfasciumi in direzione della vetta principale, fino a conquistare il famigerato Passo del Cannone (Questa denominazione,  di cui non si conosce la vera origine, sembra doversi riferire ad un piccolo foro  rotondo  che trovasi  in una roccia  sulla dorsale della Vetta Occidentale, pochi metri sopra al canale dove, periodicamente,  esiste un macchione di neve).

Passo del Cannone

Una gradita sorpresa ci hanno voluto fare due nostri Amici: Corrado e Luciano, i quali, partendo dalla Sella di Pratoriscio, impropriamente conosciuta come  Campo Imperatore,  ci hanno intercettato sull’ultima parte del percorso. Una volta ricomposta la “combriccola”  abbiamo percorso l’ultimo tratto di cresta che conduce all’agognata vetta Occidentale del Corno Grande.  Alle h 11,00  avevamo compiuto questa affascinante piccola impresa con il sole che appariva  in tutto il suo splendore illuminando il mondo e la vetta del Gran Sasso si fondeva,  prima con l’Adriatico per quasi la sua intera lunghezza per poi lambire  la costa Dalmata, che, nonostante tutto, rimaneva scura e quasi tetra. Improvvisamente la grandiosità del creato sembrava essere tutta sotto i nostri  occhi e noi eravamo  il centro e al centro di esso. Man mano che il sole continuava ad innalzarsi  verso il cielo il mondo riacquistava la sua reale dimensione, ogni cosa tornava al suo posto, il sogno svaniva come la costa Dalmata nascosta dalla caligine, ma viva rimaneva l’immagine dell’alba di Roseto che ci aveva colpito al primo mattino. La discesa fu effettuata di “gran carriera”, attraverso la “Direttissima”, faccia a valle, fino a Fonte Cerreto dove  il fiero pasto ci stava aspettando presso l’Hotel Fiordigigli, assieme ad una allegra compagnia. (Purtroppo le foto non sono di buona qualità, in quanto sono state estrapolate da un cortometraggio realizzato durante la traversata).     

Corno Grande Vetta Occidentale 2912slm

L’arrivo in bici a Casale San Nicola

L’abitato di casale San Nicola e il Paretone

Nei pressi della Madonnina 2005slm

In prossimità del Rifugio Franchetti

Sella di Monte Aquila e la “Direttissima”

I Valloni

E’ arrivata anche la genziana di Liberatore

Gli ospiti

Momenti finali


Un alba al Corno Grande

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *