Le grandi traversate: “L’Aquila – Amatrice” con l’omaggio a “Pesciò”.

L’idea di partire dal Capoluogo e raggiungere Amatrice per degustare la “famosa” amatriciana, paese che ha dato i natali a questa pietanza, nacque da un incontro con un mio amico, la cui identità non può essere rivelata, mentre consumavamo companatico e libagioni – oggi verrebbe definito “aperitivo cenato” – in una vecchia cantina nel paese di Fossa.  Si ragionava del più e del meno, per lo più sulle nostre scorribande montanare, ad un certo punto, come una cometa che traccia il cielo stellato, il mio amico, “devoto” al piatto fumante dell’amatriciana, mi rivolse una domanda: “Hai mai pensato di andare ad Amatrice a piedi? Ovviamente via montagna…” aggiunse. Lì per lì non sapevo se stava scherzando, oppure insieme al “picchiere”   venivano fuori certe idee velleitarie. Tuttavia, dopo qualche minuto di riflessione, la mia risposta non si fece attendere. La mia prima osservazione fu quella  del complicato percorso, che non presentava sentieri battuti, solo qualche traccia pastorale, ma soprattutto un intricato bosco sopra le montagne che sovrastavano  il lago di Campotosto. Un itinerario del tutto sconosciuto. Non ultimo l’approvvigionamento  dell’acqua, fondamentale per lunghezza del tracciato.  Non era possibile disegnare nemmeno una traccia su una qualche applicazione che all’epoca non  esisteva: solo carte topografiche  IGM  e quella del Club Alpino Italiano, entrambe  1: 25000. Tuttavia, nonostante queste mie prime riflessioni, avevo preso la proposta seriamente, infatti non mi persi d’animo. Tornato a casa, spiegai sul tavolo la carta dei sentieri del Gran d’Italia e dei Monti della Laga, edite  dai CAI dell’Aquila e di Ascoli Piceno, e con occhio ancora un po’ perplesso, esaminai un possibile itinerario. Mi sembrò subito uno dei percorsi più arditi della media montagna Aquilana-Reatina. Ma la cosa che mi colpii per prima era l’entusiasmo per lo  sconfinamento dalla Regione Abruzzo a  quella Laziale, senza l’ausilio del mezzo meccanico. Sembrava quasi un sogno…  Sempre da una prima analisi, attraverso i segni convenzionali riportati su carta,  mi colpivano le tante emergenze culturali e ambientali, lungo tutto il tracciato che lo rendevano unico nel suo genere.Però,l’elemento più importante era quello di aver rilevato  la presenza dell’acqua lungo buona parte dell’itinerario, per cui non c’era  da temere sul “fronte” dei rifornimenti.  Riflettevo anche sulle molteplici costruzioni rupestri, presenti sul tracciato: antichi villaggi, ricoveri pastorali, laghetti carsici, ecc..   Nella misurazione cartografica risultavano ca 41 kilometri, 1500 metri di dislivello positivo e 1300 negativo. Fatta questa breve premessa si trattava di allenarsi a dovere e stabilire il periodo adatto per poter compiere tale impresa, perché di una vera e propria impresa si trattava.  Dopodiché si incominciò con la preparazione fisica. Di comune accordo stabilimmo che  una volta a settimana, obbligatoriamente nei giorni festivi o prefestivi per ragioni lavorative, si faceva un allenamento mirato, bisognava correre per quasi tre ore, con almeno mille metri di dislivello. Questa scrupolosa e attenta preparazione ci accompagnò per tutto l’inverno e la prima parte della primavera.  Infatti a metà maggio  decidemmo di partire il primo fine settimana di giugno, sempre previa consultazione delle condizioni meteo. Nel frattempo, purtroppo, durante le ultime due settimane di allenamento, il mio amico fu colpito da una brutta tendinite per la quale dovette, suo malgrado, rinunciare.  Purtroppo la guarigione da questo infortunio ci avrebbe portati troppo avanti con la stagione, con ogni probabilità al mese di luglio, troppo caldo… cosicché, decisi in piena autonomia, di affrontare  da solo questa traversata.

Km 41,600 dislivello 1580+ 1350-

Trattandosi della prima volta e conoscendo l’itinerario solo su carta topografica,  mi dotai di una copia fotostatica del settore da percorrere.  Stimai un ipotetico tempo di percorrenza quantificato in cinque o sei ore, ma forse l’interesse maggiore era dettato più dall’arrivo all’ora di pranzo che da altro…  Partii dalla Chiesa di San Sisto salutata dal tiepido sole mattutino e dall’aria frizzante che è sempre presente in questo luogo, anche in piena estate. Il sentiero si snoda dalla Fontanella di San Giuliano ed entra in comune con il tratto del sentiero n. 1 del CAI e quello dedicato ai Nove Martiri Aquilani, transita davanti la chiesa della Madonna di Cascio, oggi conosciuta come la  Madonna Fore  (900slm), per arrivare all’abitato di Collebrincioni (1053slm),  dove termina l’itinerario in comune. Prima di entrare nel  centro storico del paese si gira a sinistra per una comoda carrareccia che attraversa la valle Praticciola e arriva a Fonte Nera, dove si effettua il primo rifornimento. Tracce  di sentiero e terreni incolti ci conducono  alla prima asperità del percorso, cioè a Colle Alto: 1597slm,  e successivamente, attraverso una leggera discesa, si conquista la  Fonte “Acqua Fredda”, secondo approvvigionamento di acqua.  Superata la fonte si lascia a destra l’antico villaggio denominato: “Case Micantoni”, per  entrare in due bellissime valli, la prima è la Valle del Melo e la seconda è il Piano di Rotigliano, fino ad arrivare alla  discreta Cappelletta dedicata a San Vincenzo, situata alle pendici di Monte San Franco. Superato il terzo rifornimento, una ripida discesa che costeggia una cava di ghiaia rossa, ci conduce all’attraversamento della Statale 80 delle Capannelle. Siamo al punto di non ritorno.  Una volta superata la carrozzabile  per  un ripido crinale si arriva a Colle Leone, posto a quota 1484, secondo promontorio di giornata.  Si entra nella parte più suggestiva del tracciato, rimanendo folgorati alla vista delle acque azzurre del sottostante Lago di Campotosto e dall’aspra cornice delle vette circostanti. Da qui inizia una navigazione a vista, dapprima il superamento dell’intricato bosco di Cardito,  poi la lussureggiante faggeta di Forca di Mopolino  ed in ultimo lo straordinario altopiano di Pozzo  delle Serre, con un inaspettato laghetto carsico,  prima di arrivare a Monte Civitella, m 1603 di altitudine, considerata la montagna più alta dell’intero tracciato. Una intricata discesa, tra torrentelli nascosti e rovi spinosi ci conduce al grazioso  borgo di Poggio Cancelli, con le tipiche case costruite prevalentemente in mattoni di arenaria. Il fontanile monumentale ci accoglie per l’ultimo approvvigionamento  di acqua. Ora, seppur a malincuore, ci aspettano tre kilometri di strada asfaltata ove si attraversa, finalmente, il confine regionale, poco prima del Passo della Selva, dove una ripida discesa, attraverso un’antica carrareccia, conduce alla frazione di San Cipriano. A questo punto i giochi sono fatti, Amatrice e la fumante amatriciana sono arrivate,  dopo cinque ore e trenta minuti. 

Tra le tante edizioni che si sono succedute nel corso degli anni, alcune di esse sono state teatro di episodi e situazioni veramente singolari. In tanti si sono cimentati, almeno una volta, in questa fantastica traversata. Alcuni amici l’hanno ripetuta più volte. C’è stato anche qualcuno che arrivato a Poggio Cancelli, si è dedicato alla lettura del quotidiano, trovato dentro la navetta per il rientro, che quell’anno si era posizionata nei due attraversamenti stradali per qualcuno che poteva averne bisogno.  Nel pomeriggio fu intervistato a tale proposito e rivelò: “Si era spenta la luce…”.  Come anche qualcun altro che si è fermato a metà del percorso…  Una su tutte vale la pena di ricordarla:  quella del “viaggio” in ”apetto”, nella parte finale del percorso,  di Carlo Di Giambattista, meglio conosciuto come: “Pesciò”, già campione d’Italia dell’Aquila Rugby, morto prematuramente per una grave malattia.

Mentre si percorreva la discesa dal monte Civitella, che con i suoi 1603 di quota, come già riportato, era l’ultima asperità del percorso, prima di raggiungere il “desolante” borgo di Poggio Cancelli: nell’attraversare un piccolo torrentello, Pesciò cadde rovinosamente su un tronco, reso scivoloso proprio dall’acqua, riportando una distorsione alla caviglia sx. A fatica cercammo di aiutarlo a raggiungere l’imminente abitato,  località dove, tra l’altro, avremmo  effettuato l’ultimo rifornimento del percorso. Una volta arrivati al paese cominciammo la ricerca per un mezzo di fortuna che trasferisse il nostro amico nella, oramai vicina, Amatrice. Poggio Cancelli era semideserto, qualche anziana persona faceva capolino dalle minute finestre con le ante argillose, forse solo per curiosità, non per altro, o forse per il nostro abbigliamento dai colori vivaci, che faceva pensare a qualche “extraterrestre”.  Dopo aver pianificato, per il momento senza successo, il possibile e necessario autostop per Pesciò, di gran carriera proseguimmo  alla volta di Amatrice,  dove, oltre alla fumante amatriciana,  ci sarebbe stata la navetta per far ritorno all’Aquila e, nel caso, anche Carlo sarebbe stato ripreso. Una volta arrivati in trattoria, seppur con poco entusiasmo per l’incidente accaduto,  nel bel mentre avevamo terminato le operazioni di riassetto fisico e mentale,  vediamo sbucare da una curva della Provinciale Amatrice-Lago di Campotosto, un “apetto” (motoveicolo a tre ruote con pianale aperto per il trasporto di piccole cose), con a bordo, in piedi sul cassonetto scoperto, la possente sagoma del nostro Pesciò, riconoscibile dal suo sorriso smagliante stampato sul volto completamente abbronzato. L’abbraccio con i “compagni di viaggio” è stata un’apoteosi, tanto felici che improvvisamente tornò il sorriso a tutta la compagnia.  Purtroppo sapevamo che in quel tratto di strada non transita quasi mai nessuno. Aver trovato uno strano veicolo che permettesse a Pesciò di riunirsi alla combriccola per l’agognata amatriciana, quel giorno fu un vero miracolo, altrimenti, come accennato sopra,  avremmo dovuto aspettare il pomeriggio, quando la nostra navetta ci avrebbe prelevato per riportarci a L’Aquila, senza che Carlo potesse partecipare al “fiero pasto”.    

Fontanella di San Giuliano
Il transito alla Madonna Fore
Fonte Acqua Fredda (secondo rifornimento)
Il Piano di Rotigliano
L’umile cappellettta di San Vincenzo, dietro il Monte San Franco (terzo rifornimento)
L’azzurro Lago di Campotosto e la corona delle ardite vette del Gran Sasso, visibile l’imperiosa cresta del Corvo
Costruzione a tholos lungo l’intrigato bosco che sovrasta il Lago di Campotosto
L’inaspettato laghetto carsico nei pressi di Monte Civitella
Il fontanile di Poggio Cancelli (ultimo rifornimento)
Il fontanile e la chiesa
I confini regionali
Raggiunta la provinciale nei pressi di San Cipriano
La Campagnola
Finalmente! la fumante amatriciana è arrivata

   

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