In un Mondo perduto dove pochi passano – Concatenamento nevai “perenni” Fosso della Pila e Fosso della Rava-

Mondi primordiali plasmati dall’acqua in un mondo perduto.  Testo di Angelo Monti   

“Tra le pieghe sinuose dell’Appennino, in luoghi remoti, difficilmente accessibili, si celano profonde forre tra le quali scorrono corsi d’acqua. Sono mondi primordiali plasmati dall’acqua e disegnati da luci e ombre.

Sul versante adriatico del Gran Sasso è precisamente del Monte Prena, in un tratto di montagna selvaggio e poco visibile da lontano, I maestosi Fossi della Pila e della Rava, mantengono al loro interno le nevi per gran parte dell’anno. Il Fosso della Rava, addirittura, a quota 1700 metri, conserva un nevaio perenne. E questo, vista la quota, pare da considerarsi una peculiarità eccezionale ed unica al mondo a tale latitudine.

I fossi del Monte Prena, dicevo, sono immersi in un ambiente grandioso, suggestivo e misterioso, un ambiente che salvaguarda al suo interno ecosistemi in cui l’uomo non è contemplato.

Alla guida di Paolo, un profondo conoscitore del Gran Sasso e non solo, e con Giuseppe e Claudio abbiamo compiuto in questo mondo perduto, un viaggio affascinante, quasi onirico viste le nubi basse fluttuanti, un viaggio che rimarrà un esperienza indimenticabile”.

Itinerario di ampio respiro per ambienti e panorami, reso ancor più suggestivo dalla coltre nebbiosa che ci ha accompagnato per quasi tutto il percorso. Grazie, Angelo Monti, Giuseppe D’Annunzio  e Claudio Lucarini  per aver condiviso con me questa -esperienza di vita montanara- in uno dei luoghi più remoti della Montagna, laddove l’uomo è un fragile ospite, laddove anche le assicurazioni possono risultare aleatorie, cioè, bisogna affidarsi ai propri mezzi personali e Voi siete stati Grandi! “

Paolo Boccabella

Itinerario di ampio respiro per ambienti e panorami, reso ancor più suggestivo dalla coltre nebbiosa che ci ha accompagnato per quasi tutto il percorso. Grazie, Angelo, Giuseppe e Claudio per aver condiviso con me questa -esperienza di vita montanara- in uno dei luoghi più remoti della Montagna, laddove l’uomo è un fragile ospite, laddove anche le assicurazioni possono risultare aleatorie, cioè, bisogna affidarsi ai propri mezzi personali e Voi siete stati bravissimi! Angelo, alla prossima per gli “ometti”!

Ma che giornata abbiamo vissuto? A cura di Claudio Lucarini

“Dimensioni del tempo e dello spazio alterate.

La sensazione di essere arrivati ai confini della realtà, dove più non esistono sentieri da seguire.

Solo la conoscenza profonda dei luoghi ti permette di orientarti tra pendii vertiginosi e fossi profondi come abissi.

Dove un errore può costare caro serve consuetudine con queste lande selvagge per non sbagliare neanche di pochi metri il percorso.

E così è stato.

Lasciamo ben presto il mondo reale, fatto di sentieri, ometti di pietra, segnaletica e ci avventuriamo in questo mondo parallelo e per me ignoto. Il “Mondo Perduto”, per citare il titolo di una meravigliosa opera di Walter Bonatti.

Ci inabissiamo dove sembrerebbe non si arrivi da nessun’altra parte, se non inquietanti precipizi.

Traversiamo fossi dove sembrerebbe non ci sia alcun varco.

Risaliamo su pendii talmente ripidi che da lontano sembrerebbero appannaggio solo dei camosci, che infatti numerosi ci scrutano perplessi.

Un saliscendi interminabile tra tratti esposti, con affacci vertiginosi che lasciano senza fiato.

Persino nel bosco non ci si può mai rilassare, quasi sempre fuori sentiero, a volte facendosi largo nell’intrico della vegetazione e risalendo su terriccio franoso a forza di braccia, aggrappandosi ai ramoscelli e piccoli tronchi d’albero.

Itinerario dunque molto impegnativo, da ogni punto di vista. Difficoltà nel rintracciare i passaggi chiave, dislivello di oltre 1400 metri, terreno scorbutico dall’inizio alla fine, tra pendii talmente ripidi che ci si assicura con la piccozza (chi l’ha portata) e ci si mette anche l’infame falasco bagnato, a rendere il tutto ancora più insidioso.

Giornata dunque molto impegnativa, ripagata dalla gioia di aver vissuto un bellissimo sogno… nel Mondo Perduto e ritrovato.

Perduto e ritrovato grazie a chi tanto ama questi luoghi da aver individuato una via ed avercela mostrata, proprio come diceva Ralph Waldo Emerson: “Non andare dove il sentiero ti può portare, vai invece dove il sentiero non c’è ancora e lascia dietro di te una traccia”.

Abbiamo seguito la traccia. Abbiamo ritrovato il Mondo Perduto. I nostri occhi hanno brillato.

E ancora brillano, di Bellezza e Gratitudine.  Grazie Paolo, Giuseppe, Angelo.”

Paolo Boccabella

Ho avuto la fortuna di esplorare questo settore del Gran Sasso nel 1976, a seguito di un incidente accorso a due escursionisti nell’agosto del 1974. I due malcapitati, ritrovati vivi, si salvarono grazie all’acqua e alla neve ancora presente in quei meandri. Oggi questo “mondo perduto” è a beneficio di pochi avventori, laddove i passaggi sono delicati e le assicurazioni aleatorie, bisogna affidarsi quasi esclusivamente ai propri mezzi personali. Ma oggi, i Presenti erano Tutti all’altezza della situazione ai quali vanno i miei complimenti. Un famoso aforisma di Albert Einstein recita: “Colui che segue la folla non andrà mai più lontano della folla. Colui che va da solo è più probabile che si ritroverà in luoghi dove nessuno è mai arrivato”.

Il Paretone e Corno Piccolo -foto Angelo Monti-

Le pieghe abissali della Pila -foto Angelo Monti-
Tra i seracchi sospesi del Fosso della Pila -foto Angelo Monti-

Scomodiamo il Sommo:
«Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente. ..”
-foto Angelo Monti-

In evidenza le famose pieghe anticlinali la cui convessità è rivolta quasi sempre verso l’alto, affiancate da quelle sinclinali. La formazione è avvenuta durante le fasi tettoniche compressive.

La lussureggiante vegetazione prima di arrivare al Fosso della Pila -giglio San Giovanni-

Nevaio in sospensione -foto Claudio Lucarini-

Dopo tanta nebbia appare il cielo azzurro.

I ripidi prati prima del secondo nevaio -foto Angelo Monti-


Anche il nevaio Fosso della Rava è “nostro” -foto Giuseppe D’Annunzio-

La suggestiva “testa di vipera” che corrisponde all’abitato più antico di Castelli.

La sorgente che sovrasta il bacino di raccolta del nevaio quest’anno è attiva.

L’impressionante serpente del nevaio Fosso della Rava -foto Angelo Monti-

Il canale sinuoso che protegge il nevaio -foto Angelo Monti-

Il ramo di sx del nevaio Fosso della Rava -foto Claudio Lucarini-

Siamo sempre sul ramo di sx -foto Claudio Lucarini-

Si evincono i due rami del nevaio Fosso della Rava.

La cascata che scende dal Fosso della Rava

Le rocce scavate dall’acqua al Fosso della Pila.

Ecco di nuovo la lussureggiante vegetazione del bosco di Pagliara -foto Giuseppe D’Annunzio-

Visibili i due Fossi attraversati e l’impressionate parete nord del Camicia, detto anche il Piccolo Eiger.
Il percorso Km 16,930 dislivelli 1410+ 1410- h 9,22’40

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